La pratica nelle narrazioni archetipiche, ognuno di noi può diventare una persona migliore.
In quanto animali simbolici la narrazione è indispensabile agli esseri umani per dare forma alle emozioni e al vissuto, narrare consente di memorizzare gli accadimenti dell’esistenza e di trasformarli in esperienza per imparare da essa. Se non si riesce a fare tesoro delle esperienze, queste vengono rimosse e non si impara nulla. Il passaggio ulteriore che la prospettiva mitobiografica consente è rileggere la propria vicenda biografica alla luce di un mito o, più in generale, di una narrazione collettiva riuscendo ad evitare di cadere nell’esclusivismo, narcisistico ed egoistico, e donando al contempo al soggetto un nuovo senso alla propria vicenda umana. La consulenza di aiuto, in quest’ottica, contribuisce a svelare la personale vocazione di ciascuno.
Rientra nella pratica mitobiografica l’utilizzo strumentale dei miti, delle fiabe, e più in generale, dei cosiddetti racconti archetipici, testi portatori di verità profondissime dei popoli e di vita vissuta, verità che affondano le proprie radici nella profondità dell’animo umano e che niente hanno a che vedere con le verità scientifiche. Storie i cui protagonisti non esistono, o non sono mai esistiti, ma che sono profondamente veri perché parlano di noi e ci aiutano a capire la vita con un linguaggio molto semplice fatto di immagini e di emozioni, un linguaggio arcaico, ontogenetico che è vita e parla della vita. In questi racconti troviamo i grandi, e semplici, temi universali comprensibili da ogni essere vivente, trasversali in ogni cultura perché suonano familiari nel profondo dell’animo di ogni essere umano: amore, amicizia, fiducia, vittoria e sconfitta, crescita, rispetto, valore. Questo tipo di narrazioni insegna che il cambiamento è possibile, che il miglioramento è alla portata di ognuno, che la felicità è raggiungibile da chiunque lo desideri veramente e si impegni per riuscire.
Le fiabe, in particolar modo, parlano al singolo individuo dandogli fiducia e speranza di riuscita più che i racconti mitologici che, invece, si riferiscono al destino collettivo, al pianeta, conservando un approccio tragico e uno sguardo disincantato sul destino dell’intera umanità. La fiaba, dunque, conserva un approccio più ottimista perché un individuo può ragionevolmente raggiungere l’obiettivo di ritrovare riconciliazione e armonia nel suo intimo; “quel compimento che a livello collettivo sembra irraggiungibile è, infatti, possibile a livello individuale”. La fiaba guida le persone nell’impegno a fare il meglio per se stessi: trovare la pace, l’equilibrio, l’armonia e la realizzazione esistenziale nel proprio piccolo, quanto immenso, spazio di vita.
Al fine di fruire della sapienza contenuta nelle narrazioni archetipiche è necessario avere disponibilità e apertura verso la preistoria e la cultura dell’oralità (che rappresenta la quasi totalità della storia umana) nonché dimestichezza con le psicologie del profondo: le tracce dei nostri più lontani antenati – per dirla con il pensiero di Jung – dimorano nella profondità della nostra psiche, l’inconscio è portatore della sapienza cui il nostro Io cosciente non è in grado di attingere, soprattutto in noi che abitiamo questo tempo.
La sapienza dei grandi temi dell’umanità – comunicata e narrata alla maniera del mito, della fiaba, della saga o della leggenda – ci viene in aiuto per risolvere il problema del nostro vivere quotidiano, ci identifichiamo nelle storie e rendiamo nostra l’esperienza o decodifichiamo in esperienza l’emozione che ci fa identificare alla storia: se un racconto mi tocca in profondità mi appartiene, mi riconosco, mi riguarda, mi è relativo. Le narrazioni archetipiche parlano all’uomo guidandolo in un percorso difficile, fatto di ostacoli e di prove, il superamento del quale porta a quello che Jung ha definito ‘processo di individuazione’.
Interessante notare come la virtù maggiormente evidenziata e apprezzata negli eroi di queste narrazioni sia la fiducia che è, infatti, fondamentale per il raggiungimento del proprio scopo, credere in se stessi, nella capacità di risolvere i propri conflitti e nel cambiamento possibile. Questo tipo di racconti suggerisce, per simbologia, l’atteggiamento, la strada, le scelte, le strategie, le soluzioni; sono racconti di come una persona riesca ad arrivare a se stessa, quali siano le forze che aiutano e quali quelle che lo impediscono.
Importante precisare che il processo di individuazione inteso da Jung non è l’affermazione del proprio ego, tutt’altro è la liberazione dall’identificazione con l’Io e dall’unilateralità della coscienza a favore dell’acquisizione di una personalità più ampia, espressione dell’autenticità di natura dell’uomo in conformità ai propri istinti vitali. “Queste narrazioni in sostanza, descrivono essenzialmente un viaggio, un percorso o un travaglio al termine del quale il soggetto si pone nella sua piena autonomia. Sono racconti di iniziazione, incentrati sul tema della cosiddetta “seconda nascita”: l’uomo non nasce uomo, ma lo diventa, e per diventarlo deve rinascere una seconda volta. Non è possibile vivere da uomini senza decidere di esserlo. È il processo di trasformazione che interessa […] e questo processo si dipana […] sempre attraverso tre movimenti essenziali: superare dei pericoli, sostenere delle prove, prendere delle decisioni.”
Le narrazioni archetipiche, in conclusione, ci dicono che attraverso questi movimenti ognuno di noi può diventare una persona migliore.
Tratto da:
RACCONTARE LA STORIA DI UN’ANIMA
Il Counseling nella prospettiva mitobiografica
A cura di Tiziana Lucioli
Bibliografia:
Diana, M. (2020). Dispensa fornita a supporto didattico della lezione “Psicopedagogia narrativa. La prospettiva mitobiografica”, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Dipartimento di Studi Umanistici, Master in Counseling and Coaching Skills. Inedito.